Condividiamo l’intervento del nostro Direttore esecutivo Alessandro Bertoldi sul quotidiano La Verità in edicola oggi:
Abbiamo già molta nostalgia di Antonio Martino, il nostro Presidente onorario scomparso da pochi giorni, ci ha mostrato nel corso del suo lungo impegno accademico e politico che essere liberali è anzitutto un atteggiamento nei confronti della vita, della politica e sopratutto nei confronti di chi non la pensa come noi. Spesso mi chiedo dove siano i liberali oggi, se esistano ancora, se Martino sia stato l’ultimo vero liberale italiano. Molto spesso mi chiedo anche io se esistiamo ancora, specialmente quando mi confronto, ascolto o leggo alcuni amici che ho sempre considerato dei veri liberali, mi chiedo se non si rendano conto di quanto stanno mettendo in primo piano le loro o le nostre idee, volendole affermare, anche a costo di rinunciare alla difesa della libertà degli altri di esprimersi. Si tratta proprio di quell’errore che un liberale non dovrebbe mai commettere per restare tale. Rispetto alla terribile guerra in corso, e prima rispetto alla pandemia, a dominare è il pensiero unico: sentiamo ripetere di continuo che è doveroso schierarsi dalla “parte giusta”, che esprimere opinioni critiche prima nei confronti delle regole imposte dallo Stato per contrastare il Covid, significava essere degli irresponsabili da emarginare e oggi essere critici nei confronti del Governo ucraino o dei comportamenti della NATO, significherebbe stare con Putin, appoggiare l’aggressione russa dell’Ucraina e simpatizzare per il “criminale di guerra” e dittatore. Anche fare delle analisi un po’ complesse può essere visto male o è censurabile. Esprimere un’opinione divergente rispetto a quella della maggioranza o anche soltanto criticare il pensiero dominante è diventato quasi pericoloso. Martino nei mesi prima della sua scomparsa ci ha regalato ancora delle preziose lezioni, non che volesse fossero delle lezioni, erano soltanto le sue opinioni, ma oggi rappresentano dei chiari moniti per poter osservare ciò che accade con criticità, senza sentire l’obbligo di doversi uniformare al pensiero prevalente. Infatti proprio Martino negli scorsi mesi in diverse interviste ha criticato pesantemente le restrizioni delle libertà individuali imposte nel corso della pandemia, dall’obbligo del Green pass alle chiusure forzate delle attività economiche e ci ha ricordato proprio quanto le libertà individuali perse siano molto difficili da recuperare. Martino era vaccinato e rispettava sempre le regole, anche quelle che non condivideva. Pochi giorni prima della sua scomparsa il Prof. in un’intervista, condannando l’aggressione russa ha anche criticato fortemente l’atteggiamento della NATO nei confronti della Russia, un po’ schizofrenico e incoerente nel corso degli ultimi 30 anni, ha detto chiaramente che la Russia andava coinvolta nell’Alleanza affinché non diventasse più una minaccia e Berlusconi dimostrò a Pratica di mare che questa strada era percorribile. Da ex Ministro della Difesa e convinto atlantista, Martino, non pensava che criticare la NATO significasse indebolirla, ma anzi che fosse doveroso fare dell’autocritica, ritrovare una linea chiara, specialmente di condotta e per farlo serviva capire gli errori del passato, gli stessi che ci hanno portato sull’orlo di una guerra continentale. L’unico allievo italiano di Milton Friedman, non credeva molto in certe sanzioni, non accettava che per punire qualcun altro dovessimo danneggiarci economicamente da soli, rinunciando per esempio a fonti vitali di approvvigionamento per la nostra economia. L’atteggiamento laico di Martino anche nei confronti di questa guerra dovrebbe trasmettere a chi ci governa oggi, e soprattuto a chi ama dirsi liberale, la necessità di vedere con maggior lucidità possibile quanto sta accadendo. Talvolta mettendo da parte la comprensibile emotività per la terribile vicenda umanitaria che ci colpisce tutti. La nostra appartenenza all’Alleanza atlantica non è mai stata messa in discussione (quasi) da nessuno, ma proprio per questo abbiamo il dovere dell’autocritica e di comprendere cosa abbiamo sbagliato in questi anni. Martino lo ha detto chiaramente, “l’Alleanza doveva essere inclusiva e non esclusiva”, la Russia andava coinvolta il più possibile e non marginalizzata e spinta verso la Cina, alimentando così il progetto euroasiatico, sogno di alcuni ad est e che oggi prende sempre più forma. L’atteggiamento censorio e discriminatorio dell’Occidente nei confronti dei russi, che si tratti di politici, artisti, sportivi o persone qualunque. È impossibile pensare che Martino lo avrebbe mai approvato. Possiamo credere che gli espropri dei beni dei ricchi russi, o l’esclusione indiscriminata di sportivi e maestri d’orchestra dai nostri eventi, possano contribuire a fermare la guerra o costringere Putin a lasciare il potere? Affermare i nostri valori e principi liberali e democratici, violandoli per punire chi consideriamo un nemico in questo momento, non è di certo la dimostrazione di quanto crediamo realmente nei nostri valori. Vogliamo convincere i russi che Putin sia un criminale, un tiranno, comportandoci da tiranni nei loro confronti? Con gli espropri proletari indiscriminati, e l’esaltazione del nuovo nemico comune, non faremo che costruire una strada che abbiamo già percorso, lastricata di errori che portano a conflitti, morti e privazioni per tutti. La politica dei doppi standard portata avanti dall’Occidente ha fallito, perché bisogna saper scegliere e in questo caso è molto semplice: o si scelgono sempre i propri valori, quindi di rinunciare a certi rapporti e relazioni internazionali amorali, oppure si sceglie sempre la realpolitik, quella che persegue sempre e comunque gli interessi nazionali, anche quando questo significa fare affari e accordi con i criminali internazionali. Usare i nostri principi per schierarci quando ci è comodo o per giustificare la nostra aggressività, a seconda dei momenti o anche di quello che accade, è semplicemente incoerente, ipocrita e immorale. I liberali possono scegliere tra uno di questi approcci, ma la coerenza e la difesa sempre e comunque dell’opinione altrui, saranno gli elementi che sempre ci distingueranno da tutti gli altri. L’Istituto Friedman non perderà questa strada tracciata chiaramente dal nostro Presidente onorario, non smetterà di dire “Grazie Antonio, non ti dimenticheremo mai”, perché ora e sempre le sue parole resteranno preziose. Noi ci siamo e proveremo sempre a seguire la strada del nostro Maestro Antonio Martino, a difendere le libertà individuali, specie quelle di chi si esprime in difformità al “pensiero unico” e di chi non la pensa come noi. Non siamo in tanti, non lo siamo mai stati, ma cercheremo di farci sentire sempre di più, perché per noi Martino vive.
Alessandro Bertoldi
Direttore esecutivo dell’Istituto Milton Friedman