Pubblichiamo l’editoriale del direttore de il Riformista pubblicato il 1° febbraio 2024

02 febbraio 2024 – Siamo in pandemia. Un virus, credo si chiami “Sovietichite reflexa”, dilaga ormai nella nostra amata Nazione e scatena deliri alla coreana (del nord) e qualche complesso di sudditanza verso la manfrina mainstream statalista che subordina la cittadinanza a un nuovo concetto strambo, quello di fedeltà fiscale, e che vuole i cittadini controllati anche se vanno al bagno. Ha colpito da anni ormai irrimediabilmente la sinistra, quella del “pagare le tasse è bellissimo” e secondo cui si è ricchi se si guadagna 50mila euro lordi l’anno, ma sta contagiando evidentemente anche la destra, forse stanca di condurre una battaglia contro l’oppressione fiscale senza averla nemmeno cominciata, e che ricerca l’applauso di chi fino a ieri le dava dell’amica degli evasori.

Il Governo studia il Data Scraping. Tradotto: professionisti e imprenditori verranno giudicati dal Fisco anche per quel che postano sui social. Si, si avete capito bene. E i loro post sui social (sic) subiranno un vaglio di congruenza con la loro dichiarazione dei redditi. Straordinario. Capiremo come funzionerà, ma quel che ha detto ieri il viceministro Leo io me lo aspetto in Corea del Nord. “Professionisti e imprenditori vanno su internet e sui social e dicono dove sono stati in vacanza o in quale ristorante“, dice il Viceministro Leo, e dunque verranno ‘indagati’ dal fisco. Cosa, cosa..? Ma perché: in vacanza e a cena ci vanno solo professionisti e imprenditori? Dicono anche se hanno pagato loro, e quanto? E dopo di che? A che livello di polizia tributaria vogliamo arrivare?

Che se pubblico una foto in barca o su una bella macchina devo specificare nella didascalia se è a noleggio o di un amico, o se scatto a cena fuori con un’amica devo specificare se paga lei, altrimenti arriva la Finanza?
Stiamo davvero esagerando. Ed e’ lunare che sia il centrodestra a comprimere le libertà individuali per soddisfare la sete che ha del nostro denaro, fino a prova contrario guadagnato lecitamente e che dovremmo spendere come cavolo ci pare, uno Stato che spreca a rotta di collo ma cui non si può obiettare nulla, perché siamo dei bancomat della spesa pubblica più pazza del mondo. Io a Roma pago una valanga di tasse, e quando vedo che esse servono al Comune per dare 250mila euro a un cinema occupato, mi girano le scatole. Si può dire?

“Eh ma l’evasione fiscale è come il terrorismo”, ribatte il viceministro Leo. Benissimo.
Ma ancora una volta: l’evasione fiscale è effetto dell’eccesso di pressione fiscale generata dallo sperpero che compie lo Stato. Non ne è la causa. A volte è addirittura legittima difesa, o di necessità, come dicono quelli bravi (l’ex Presidente della Repubblica Einaudi arrivò a definirla, sul Corriere della Sera, nel 1907, l’unica difesa possibile del contribuente contro lo Stato vessatorio e dalle pretese esorbitanti). Se si vuole, come è giusto sia, che tutti o quasi paghino tutte le tasse, le si deve abbassare assai, tagliando prima la spesa pubblica, e smettendo di buttare soldi. Altro che polizia dei social.

Andrea Ruggieri
Direttore de il Riformista

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