di Roberto Fiori Rocco – Imprenditore digitale

Il mondo dei giovani tra lavoro, istruzione e digitale. Come svecchiare il sistema per essere al passo coi tempi

Quella del rapporto tra scuola, università e sfera del lavoro, soprattutto in riferimento ai neolaureati, è una delle tematiche che più dovrebbe scuotere il dibattito nazionale. Non che non se ne parli, sia chiaro, se ne parla fin troppo, probabilmente. Il punto è che molto spesso se ne parla in termini sbagliati e non ci si impegna in nulla di concreto per cambiare le cose.

Tra moltissimi universitari, ad esempio, è diffusa l’idea che basti un titolo di studio per ottenere più facilmente lavoro e poi posizionarsi nel mercato. I fatti, però, smentiscono ben presto queste false credenze. Tantissimi studenti, con diversi titoli, anche di livello, come magistrali, master e studi all’estero, faticano ad inserirsi nel lavoro e, se ci riescono, non riescono a percepire guadagni adeguati in rapporto ai loro investimenti economici nella formazione. Come si suol dire, d’improvviso si ritrovano a ricevere le cosiddette “porte in faccia”.

Ragionare in ottica imprenditoriale

Il mercato, infatti, dall’alba dei tempi si basa sul rapporto tra domanda e offerta.
Prendiamo un esempio pratico. C’è un ragazzo che si è appena laureato in Economia. Bene, è giovane, fresco e vuole inserirsi nel mondo del lavoro. Quanti studenti, però, come lui, si trovano nella stessa situazione, con lo stesso titolo di laurea, le stesse nozioni e le stesse competenze? Migliaia. E in migliaia si buttano nel mercato, che è una realtà competitiva e piena di squali, sperando che basti inviare in giro il proprio curriculum e che poi qualcuno, prima o poi, magicamente ti assuma. Quasi nessuno riesce a ragionare in ottica imprenditoriale.

Un imprenditore, infatti, vede le cose in modo diverso. Un imprenditore vuole assumere nuove persone, ed è felice di pagarle bene, se queste sono in grado di portare nella sua azienda valore aggiunto, aumento di fatturato e incremento di visibilità. Un imprenditore cerca chi riesce a velocizzare il proprio sistema e a rivelarsi utile e innovativo per il proprio business.

Chi ha le stesse competenze e ha studiato le stesse cose di altre migliaia di persone, magari posso anche assumerlo, ma lo assumo sotto le mie direttive e sotto le mie condizioni economiche, spesso inadeguate in proporzione agli investimenti che sono stati fatti per pagare gli studi. E perché tutto questo? Perché tanto le tue competenze me le può offrire chiunque. Il mercato è saturo di neolaureati con le stesse abilità e le stesse competenze. La maggior parte di questi non possiede alcun vantaggio competitivo. La maggior parte di questi non si differenzia dalla massa.

Superare le vecchie credenze. Pensare al digitale strumento del presente

E quindi, come creare questo vantaggio competitivo? Come riuscire a connettere maggiormente l’impianto teorico delle scuole e delle università con il mondo concreto e reale del lavoro? Innanzitutto superando le vecchie credenze, che ci portano a pensare che basti un pezzo di carta per trovare lavoro. L’istruzione è una cosa importantissima, certo. Su questo non si discute.

I professori, i genitori e tutte le istituzioni che si occupano di istruzione, però, parallelamente ad un insegnamento teorico e culturalmente puro, dovrebbero insegnare ai più giovani anche a rispondere al mercato e al mondo del lavoro, che, lo ripetiamo, da sempre si basano sul rapporto tra domanda e offerta.

Adesso, in questo preciso momento storico, per parlare di qualcosa che è sotto gli occhi di tutti, è obbligatorio, e non importante o fondamentale, è obbligatorio sviluppare competenze nel digitale, che è un universo che si muove alla velocità della luce e che è capace di creare continuamente nuovi posti di lavoro.

Il digitale, con tutte le sue sfumature, non è più qualcosa di lontano o che è possibile scegliere o non scegliere. Il digitale è il presente ed il futuro di qualsiasi lavoro e, soprattutto, uno strumento per qualsiasi realtà. Il punto è che nello stesso momento cancella moltissimi posti di lavoro che potevano andare bene fino a dieci anni fa creandone di nuovi giorno dopo giorno, proponendo situazioni di confusione e di momentanea instabilità, quasi a dire che la tecnologia è più veloce dell’uomo.

Questi nuovi lavori, però, hanno comunque bisogno del lavoro umano per funzionare e progredire. E le persone, soprattutto i giovani, con tutta la loro carica di energia, non possono e non devono rimanere indietro. Devono essere aggiornate rispetto alle innovazioni e ricevere una formazione che permetta loro di sapersi destreggiare.

Tra cultura e innovazione. Il sapere e le nuove forme di conoscenza

Spesso le università, all’opposto di quello che dovrebbero fare, si fermano alle vecchie nozioni anche di argomenti che trattano le nuove realtà tecnologiche, creando un dislivello tra quello che già si conosce da decenni su quell’argomento e ciò che invece si dovrebbe conoscere sul tema in questo momento storico. Quando si occupano di marketing, ad esempio, non sempre trattano in modo adeguato materie come il digital marketing e l’advertising digitale (Facebook ADS o Google ADS). Si occupano invece di nozioni obsolete, totalmente teoriche e che si riferiscono addirittura al marketing off line.

È giusto conoscere la storia e la teoria del marketing, della pubblicità e di tutte le cose che ci circondano, ma agli studenti bisognerebbe anche insegnare i nuovi approcci al circostante e alle modalità di funzionamento del mondo. La curiosità dell’imparare non deve riferirsi solamente al passato, ma anche alle possibilità infinite del presente. Bisogna rompere le vecchie barriere e far capire ai giovani come posizionarsi nel lavoro in maniera concreta e reale.

Se non ci si sposta in questa direzione, il rischio è coltivare ed accrescere un divario, già esistente e molto pesante, tra le competenze di un giovane studente, spesso quasi interamente teoriche, e le effettive abilità richieste dal lavoro e dal digitale, pratiche, concrete e in continuo cambiamento. Bisogna colmare questo divario e modificare il modo di intendere il lavoro e il suo rapporto con la cultura e le università, per stare al passo con i tempi ed intuire le nuove dinamiche.

La soluzione del conflitto: trasmettere curiosità per il cambiamento

Spesso, per cercare una risposta alla tematica in questione, ci si addossa le colpe. C’è chi pensa che siano dei giovani e chi pensa che siano di istituzioni e università. La realtà è che le colpe sono condivise, perché se le università non fanno il massimo per camminare con le innovazioni e per uscire da un insegnamento puramente teorico, gli studenti, anche quando sono consapevoli di questo deficit rispetto al digitale, non si impegnano per cambiare le cose e rimangono nella stasi. Non si fanno indipendenti e intraprendenti ed aspettano che le cose cambino da sole senza il loro intervento.

La realtà è che le università, così come l’economia del nostro paese, hanno estremamente bisogno dei giovani e della loro forza. D’altra parte, i giovani hanno bisogno di istituzioni e professori che diano loro adeguate conoscenze e competenze per trovarsi nell’immediato in grado di affrontare e vivere le realtà del lavoro. Bisogna quindi ristrutturare il mondo dell’istruzione e connetterlo al lavoro.

A fianco di nozioni storiche, culturali e puramente teoriche, che ci connettono con la Storia ed il passato, fatto di arte e di pensieri, bisognerebbe insegnare anche materie come libertà finanziaria,

gestione del denaro e simulare situazioni lavorative reali e non teoriche. Importantissime sono anche la crescita personale e la gestione dei rapporti interpersonali, per fare un esempio. Queste potenziali nuove materie permettono agli studenti di imparare a prendersi cura di se stessi e delle altre vite umane, per riuscire a dare il massimo nel lavoro e nel proprio ambiente sociale. Non solo studio, ma anche esplorazione di sé e delle proprie possibilità.

Il passato e la cultura ci devono insegnare la bellezza ed il modo in cui nascono le grandi idee di coloro che ci hanno preceduto, il digitale ci deve far capire che è questo il momento di farne nascere di nuove, per continuare le connessioni con il passato e per progettare il futuro. D’altronde, e senza dire nulla che non sia già stato detto, è proprio questo il senso più profondo della cultura, il cui luogo per eccellenza è nell’università: creare nei giovani la curiosità per il cambiamento e l’amore per il sapere, stimolarli alla creatività ed inserirli nel presente per vivere appieno i significati del mondo.

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