Nei giorni in cui l’economia nazionale avrebbe bisogno di stabilità, di regole certe e di interlocuzioni istituzionali rispettose dei ruoli, assistiamo invece a un “conflitto pubblico” tra Governo e Consob che lascia francamente perplessi. Lo scontro si è acceso in seguito alla decisione dell’Autorità di vigilanza guidata da Paolo Savona di sospendere temporaneamente l’offerta pubblica di UniCredit su Banco BPM, con l’obiettivo dichiarato di tutelare l’informazione e la trasparenza in un contesto di incertezza.
Da osservatore (nonché piccolo investitore), non posso non interrogarmi su quale immagine diamo all’esterno e, soprattutto, quale direzione stiamo prendendo nel rapporto tra autorità politica ed autorità indipendenti. La Consob è nata proprio per garantire l’equilibrio dei mercati, non per compiacere il potere politico del momento. Ogni tentativo di indebolirne il ruolo – magari perché scomodo o poco allineato – mina la credibilità dell’intero sistema Paese.
In questo quadro già di per sé delicato, si è aggiunta la scelta – ancor più discutibile – di invocare lo strumento del Golden Power. Una misura pensata per proteggere interessi strategici nazionali da incursioni esterne, non certo per intervenire all’interno del mercato finanziario domestico in operazioni tra soggetti italiani, regolati da leggi italiane e supervisionati da autorità italiane.
Applicare il Golden Power ad un’operazione di consolidamento bancario come quella tra UniCredit e Banco BPM, come ho già avuto modo di dire, rappresenta un precedente pericoloso, che rischia di politicizzare eccessivamente l’attività di mercato e di creare un contesto normativo incerto e opaco. Di fatto, così si trasformerebbe uno strumento straordinario in un grimaldello ordinario per condizionare operazioni economiche del tutto legittime.
In un mercato libero e aperto, lo Stato deve garantire regole e arbitri, non diventare parte attiva del gioco. La sovrapposizione tra chi governa e chi vigila genera confusione e può scoraggiare investimenti, fiducia e concorrenza. Questo vale ancor più nel settore bancario, dove la stabilità si costruisce con trasparenza e affidabilità, non con ingerenze opache.
Chi conosce e difende i principi di un’economia di mercato sa bene che le autorità indipendenti servono proprio a mantenere la distanza tra il potere politico e i processi di regolazione. Ecco perché, pur nel rispetto delle sensibilità politiche e delle opinioni legittime, continuo a considerare inappropriata e controproducente questa escalation istituzionale.
Il mercato ha bisogno di regole, non di conflitti tra regolatori e governanti.
Stefano Aggravi